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1967! Più esattamente 21 aprile 1967, ore otto e trentacinque del mattino. Arrivai davanti al cancello del Castelnuovo trafelato, come al solito in ritardo. Non era facile arrivare puntuali, il liceo si trovava su via Giuseppe Barellai al civico 130, una strada di campagna, lunga e stretta, circondata da campi in quel momento in piena fioritura. Via Barellai finiva poco oltre la scuola, davvero poco più in là al civico 140, ben visibile dal nostro liceo, il Carcere Minorile Casal del Marmo.”Che strada assurda” pensavo quel giorno ” qui il liceo, lì il carcere, poco prima l’Ospedale San Filippo, e sempre ben visibile, vicinissimo, il manicomio. Tutti luoghi di reclusione, di sofferenza” L’autobus  ci scaricava poco prima  dell’ingresso del Santa Maria della Pietà, si il manicomio, il famigerato manicomio. E poi tutti, gambe in spalla, giù per la Trionfale, fino al sottopasso della ferrovia per Viterbo. Una lunga fettata, una passeggiata veloce, quasi sempre sotto la pioggia, come buongiorno, per renderci più piacevole la giornata.  Quel giorno, contrariamente al solito, c’era il sole, era una bella giornata di primavera, le rondini volavano basse sui campi e il profumo dei fiori e dell’erba umida ci inebriava, riempiendoci le narici, i polmoni. “Peccato chiudersi a scuola, pensai, una giornata così…” Trovai i cancelli  ancora chiusi, “strano, eppure sono in ritardo” pensai. Un gruppo compatto di studenti circondava il preside, si, proprio il preside, che distribuiva dei ciclostilati. Una scena assurda, irreale, cosa stava facendo il professor Salinari, perché distribuiva volantini? E poi, perchè il cancello era ancora chiuso? E perchè all’interno potevamo vedere alcuni professori e dei bidelli?  Cosa stava accadendo, anzi cosa era già accaduto lo scoprii presto. Nella notte precedente,  tra  il 20 ed il 21 aprile, in Grecia, più esattamente alle due del mattino i colonnelli  Georgios Papadopoulos, Nikolaus Makarezos e il colonnello Ioannis Ladas erano entrati nella sede dello Stato Maggiore dell’Esercito e annunciato al comandante in capo Georgios Spantidakis il colpo di Stato. Costui non si oppose, anzi, facilitò i loro piani. In poco meno di mezz’ora un reggimento di paracadutisti  occupò il Ministero della Difesa e tutti i centri di comunicazione furono messi sotto controllo. La polizia militare iniziò i rastrellamenti,  arrestò e imprigionò più di 10.000 persone: dirigenti politici, intellettuali, figure di rilievo ed anche semplici cittadini, ovviamente di sinistra. Si, era stato efficacemente compiuto il colpo di Stato. E il nostro preside era qui, tra noi, lui ex partigiano per farci sapere, per stimolarci a prendere posizione, a manifestare. Era qui  per testimoniare a noi, ai suoi studenti, che era il momento di impegnarsi, che non era il momento di voltare la testa da un’altra parte. E chi di noi voltava la testa da un’altra parte? Davvero pochi gli indifferenti, ormai, noi tutti eravamo pronti a indignarci per le ingiustizie,  per la guerra in Vietnam, a manifestare il dissenso, a lottare per la riforma universitaria. Tutti eravamo sempre lì, a ergere barricate, sempre pronti a mobilitarci per una buona causa, per i diritti civili.  Il 21 aprile fu una strana giornata di primavera,  iniziata con una brutta doccia fredda, un risveglio che  aveva interrotto la contemplazione dei prati fioriti, il profumo dei campi, lo stridio delle rondini.  Il grido di dolore che arrivava dalla Grecia non potevamo ignorarlo, non poteva scivolarci addosso come rugiada del mattino. Venne fuori che gli yankees, sempre loro, temendo che alle imminenti  elezioni, il 28 maggio, potesse vincere l’Unione di Centro, un partito moderato, ma di sinistra, che potesse avvenire una davvero improbabile “sollevazione comunista” decisero di sostenere, anzi, incoraggiare e sostenere il golpe dei colonnelli. Fantasie? No, verità, confermata persino dal  New York Times, che il 3 maggio pubblicò un articolo a firma di Cyrus L.Sulzberg dove si affermava che il golpe era avvenuto seguendo un piano della Nato, si, proprio la Nato, per “prevenire” la presa di potere dei comunisti,  ma quali comunisti?  Papandreu? Ma va là, comunista lui, un liberale, fondatore di un partito socialdemocratico? Pure di centro, direi, e anche assai moderato. Per nulla moderati, invece, furono  i colonnelli, anzi, si dimostrarono assai feroci,  il diktat immediatamente emesso dalla giunta militare aveva del ridicolo, un tragico ridicolo.  I militari arrivarono a proibire tutto, o quasi, potesse sembrare “di sinistra” e questo tutto era parte di noi, del nostro sentire, del nostro essere: i capelli lunghi, le minigonne, Sofocle, Tolstoj, Mark Twain, Euripide, spezzare i bicchieri alla russa, Aragon, Trotskij, scioperare, la libertà sindacale, Lurcat, Eschilo, Aristofane, Ionesco, Sartre, i Beatles, Albee, Pinter, anche solo accennare che Socrate era omosessuale, imparare il russo, la libertà di stampa, l’enciclopedia internazionale, la sociologia, Beckett, Dostojevskij, Čechov, Gorki e tutti i russi, il “chi è?”, la musica moderna, la musica popolare, la matematica moderna, i movimenti della pace, e la lettera “Ζ” che vuol dire “è vivo” in greco antico. Ci fu una repressione terribile. Si, gli yankees erano riusciti a  cancellare una sinistra moderata in Grecia, ma fu come buttare benzina sul fuoco della protesta giovanile mondiale. Con tutte le conseguenze immaginabili. Si sa, i giovani sono romantici e i giovani, già abbondantemente sdegnati e disgustati dalla guerra nel Vietnam, presero a protestare con sempre maggiore veemenza e la loro rabbia, la loro reazione crebbe all’inverosimile, in tutto il mondo occidentale. Chiedevamo più giustizia, più diritti per i lavoratori, la fine del moralismo, dell’autoritarismo, dell’emarginazione femminile, di tutte le guerre e delle ingerenze degli apparati di intelligence. Volevamo, insomma, più amore e cambiare il mondo.  E qualcosa di incredibile accadde operai e studenti si parlarono, solidarizzano, andarono a manifestare  insieme nelle piazze, dentro e fuori dalle università, nelle fabbriche. Ci sembrava una nuova era, una “primavera abbagliante” e così fu, ma durò poco. 

2 pensieri riguardo “Z

  1. Caro Enrico, mia zia aveva messo su un campo vacanze a Cefalonia con lo scopo di far incontrare ragazzi greci con ragazzi francesi. Il maledetto anno dei colonnelli era il terzo anno ed era tutto prenotato per i tre mesi estivi. I gruppi francesi facevano riferimento all’associazionismo di sinistra, il putch avvenne il 21 aprile. Dettero tutti disdetta e mia zia si ritrovò con meno della metà dei ragazzi, tutti greci, venendo oltretutto meno lo scopo della sua iniziativa. Due anni dopo fallì. Mio cugino che viveva ad Atene ( mio zio era greco) dovette, pur non essendo politicamente coinvolto, scappare in Francia su soffiate di conoscenti di mio zio, e si salvó. Cazzo se me la ricordo questa data! Ciao

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