Le terribili occhiate di Ferreri, le ricciole e Johnny

Tre ricciole nel buio.

Avete presente il Paradiso? Ecco, l’arcipelago di Lavezzi, incastonato tra il turchese del  mare e le tinte pastello delle rocce può sembrarlo, invece fu un vero inferno per i 685 sfortunati che erano imbarcati sulla Semillante, una potente nave da guerra francese che il 15 febbraio 1855 spinta da una terribile tempesta fece naufragio sugli scogli dell’isola di Lavezzi. Morirono tutti, ma  solo 582 corpi furono recuperati ed ebbero sepoltura. A chilometro zero, nella sabbia bianca, tra le belle rocce e il meraviglioso mare dove affogarono. Degli altri nulla, neppure il corpo. Per noi fortunati Lavezzi fu un vero, autentico, paradiso dei vivi. Un isola di una bellezza struggente, piena di piccole insenature, minuscole spiagge di sabbia bianca, il mare blu cobalto con sfumature turchese e le gigantesche rocce granitiche lisce e arrotondate, accatastate una sull’altra da un dio locale in vena di giochi. Lavezzi divenne il vero set del nostro film. Lì arrivava Liza (Catherine Deneuve) sbarcata su una candida spiaggia dallo yacht di un certo Ludwig, con valigia Louis Vuitton, elegantissime scarpe tacco 12 e tailleur. Sempre lì, tra le rocce, la ronda della Legione Straniera trova e punisce duramente il disertore. Infine, nell’acqua cristallina di una piccolissima insenatura, muore Melampo, stremato dalla nuotata a cui, sadicamente, l’ha costretto Liza. Si, il set era meravigliosamente perfetto, ma lo stress delle riprese, l’incertezza del meteo, il vento che soffiava implacabile, il blu del mare, la situazione particolare in cui ci trovavamo, mettevano a dura prova l’umore, sempre un po’ ombroso, di Ferreri. L’unica cosa in grado di placarlo era la pesca. Si, proprio la pesca, quindi quasi ogni giorno, sull’isola di Cavallo come a Lavezzi, mettevamo in acqua i nattelli. Chiunque stesse momentaneamente inoccupato aveva l’obbligo di farlo, a volte io, più spesso un macchinista in quel momento libero.  Cosa sono i nattelli? Sono dei galleggianti ovali, circondati da parecchie corte lenze dotate di ami e esca. Servono a prendere le occhiate, un pesce diffidente, anzi, il più diffidente pesce del mediterraneo, ma in quella stagione, tra settembre e novembre, l’occhiata diventa vorace e affamata, insomma, estremamente imprudente. Tante abboccavano. Non le pescavamo per mangiarle, nossignore, servivano come esca, per pesci più nobili e molto più interessanti. Ogni santo giorno, poco prima del  tramonto, Ferreri, con Mario, l’operatore, saliva sullo Zodiac che era servito per la scena dell’arrivo dei Legionari e metteva a mare le traine, più o meno a mezzo canale tra la Corsica e la Sardegna. Avanti e indietro in un percorso stabilito dalle profondità del fondale, per ore e ore, fin quasi a notte. Anzi, spesso rientrava che era proprio buio. Ma ogni volta erano pescate eccezionali, almeno due o tre enormi ricciole, una volta addirittura una cernia. Grossa, molto grossa. Inutile dire che Ferreri attendeva con visibile ansia  questi momenti in mare in cui tutto lo stress accumulato nella giornata si stemperava tra il calare le lenze e il recuperare, non senza combattimento e fatica, le grosse prede. Avete presente il “vecchio e il mare”? Ecco, era proprio così, aveva bisogno di adrenalina e poi di bruciarla nella lotta con il pesce. L’organizzazione della giornata lavorativa non trascurava mai questa valvola di sfogo, queste ore di relax. Eravamo obbligati dal nostro stesso istinto di sopravvivenza. Ma quando  le acque del Canale di Bonifacio erano terribilmente mosse e la pesca, di conseguenza, impossibile, accadeva che le occhiate catturate al mattino, e ormai morte, venivano affidate al frigo del ristorante Les Pecheurs per diventare di nuovo esche il giorno successivo. Un brutto giorno accadde qualcosa di imprevisto, quando rientrammo da Lavezzi con Marco che scalpitava per l’imminente battuta di pesca, fummo accolti dal maitre di Les Pecheurs, che tutto contento e orgoglioso annunciò “ le vostre occhiate sono state molto apprezzate dai vostri ospiti italiani arrivati oggi con il loro motoscafo”. Vi devo descrivere  la reazione di Ferreri quando capì che il suo relax di pesca era sfumato e che le sue esche erano servite per nutrire Johnny Dorelli & compagnia? Forse non è necessario, vero? 

2 pensieri riguardo “Le terribili occhiate di Ferreri, le ricciole e Johnny

  1. La pesca alle occhiate con i nattelli è la pesca che pratico più volentieri. Costo zero, (pane) attrezzatura banale e certezza del pescato. Io pesco da riva e recupero i pesci a nuoto non avendo più il gommone. E me le mangio subito, che delizia. Dove dicevi tu, vicino Lavezzi ce n’erano talmente tante da fare paura. Solo che c’erano pure un’infinità di barche e quindi lasciai perdere. Le migliori pescate le ho fatte in Corsica un po’ sotto il dito. Ciao

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