Carni e carnivori (*)

หนูนาย่าง

Mi sto per attirare le ire di tanti, lo so, ma lo voglio dire lo stesso. L’argomento è attualissimo: in Cina mangiano la carne di cane! Orribile per chi ama i cani, anch’io amo i cani e non li mangerei di certo, ma mi domando se sia lecito inorridire di fronte a questo e disprezzare le altre culture per le loro usanze alimentari. Sì, mangiano i cani e tanti altri esseri, tra cui gatti, serpenti, insetti, scorpioni, pipistrelli, pangolini, iguane… L’elenco è lungo, e non solo in Cina. Certe popolazioni andine, in Perù ad esempio, mangiano una sorta di topo, il cuy, quello che noi chiamiamo porcellino d’india, animaletto pelosetto morbido e d’affezione. Un tesoro della casa, come tanti altri. Certe altre popolazioni sudamericane, come gli Indios dell’Amazonia, trovano le necessarie proteine in ogni genere di essere vivente, scimmie, uccelli, pesci, rettili, ragni e bachi. Tutto fa brodo. Certo non mangiano per vizio, come facciamo noi, mangiano per necessità, poco, solo quando hanno fame e senza eccessi. Sì, lo sappiamo, la fame è brutta, bruttissima, non ci si può ragionare. Durante la guerra, io naturalmente non c’ero, a Roma non si vedeva un topo, né un gatto e neppure un uccello. Proteine ambulanti, semplici proteine, viventi, automoventi disponibili gratis, previa cattura, ecco cosa erano realmente per gli affamatissimi cittadini. Ma ci sono altre pietanze, più cruente, come quelle che sapeva preparare la coppietta di Krasnodar, i due coniugi russi, lei infermiera, lui turbato fin dall’infanzia, ne avete sentito parlare? I due invitavano, anzi, abbordavano le loro vittime tramite chat e siti di dating, prospettando chissà quali delizie della carne, per poi stordire i loro inconsapevoli ospiti e, una volta entrati in intimità, ucciderli, farli quindi a pezzi, disossarli, usare e trasformare le loro carni in delicatessen, da gustare subito, da conservare in vasetto o sotto sale e anche da vendere. Più o meno trenta persone sono finite nella loro cucina, e trasformate in cibo per ignari cannibali, vendute anche ai ristoranti… già, perché c’era tanta richiesta delle loro “preparazioni” e perché “pecunia non olet”, mentre i cadaveri… insomma. Proteine, come facilmente si evince anche le persone possono essere considerate semplici, ricercatissime proteine. “Carne di cavallo? Mai, meglio morire di fame”, direbbe un inglese, ma provate a digitare su Google carne di cavallo… Sì, risulta che a noi italiani piace, parecchio, anche cruda, o trasformata in salami, salsicce, prosciutti, sfilacci e spezzatini… e nel “caval pist” la tartare cruda condita con solo sale, pepe, olio e due gocce di limone, piatto fine, tipico del parmense. Ma non solo noi, anche Francesi, Spagnoli, Belgi e Olandesi adorano il cavallo quale cibo consentito, senza remore, nessun tabù. E nel resto del mondo? In Giappone, ad esempio, la carne di cavallo è un valido sostituto del tonno rosso, tagliata in sottili striscioline, rigorosamente cruda, costituisce la base del basashi, una delle tante versioni del sashimi. Voi mangereste una renna? Mai, vero? mangiare la slitta di Babbo Natale, che crudeltà… Ecco, la vende pure Amazon, per dire. Ci sono anche popolazioni il cui motto è “vivi e lascia vivere”, sono i Jaina, la cui religione, il Jainismo, comprende una forma estrema di vegetarismo, la dieta del fedele è infatti assai restrittiva, non ci si ciba assolutamente di carne e sono esclusi dalla dieta anche tanti vegetali che contengono princìpi di vita, dato che cibandosene si ucciderebbe l’intera pianta, quindi niente bulbi, radici, patate, carote e rape. I Jaina arrivano a portare costantemente una garza a coprire la bocca per non inghiottire/mangiare involontariamente un moscerino. Esagerazioni? No, tradizioni, usanze, derivate da chissà cosa. Forse dal considerare il dolore degli altri esseri, e non volerlo imporre, farlo subire, perché tutti gli esseri viventi soffrono, figuriamoci se uccisi e mangiati, lo sappiamo tutti, vero? Restando in Asia, in Thailandia ogni tanti anni fiorisce e poi fruttifica una specie locale di bambù, che inondando il terreno di frutti, fornisce un’abbondantissima alimentazione a topi e ratti, i quali approfittano del super nutrimento per accoppiarsi furiosamente e moltiplicarsi a dismisura. Topi e ratti, specie animali che interagiscono da sempre con noi umani, ma affatto graditi ed ecco quindi che i Thai, un po’ per contenerne il numero, un po’ per necessità alimentari si sono messi a cucinarli, sì, lo “squisito” topo arrosto alla griglia, croccante all’esterno e succoso all’interno. Ottimo pure in deliziose zuppe, sempre Thai, piccantissime tanto per cambiare. Ratti e topi di tutti i generi finiscono così per essere catturati e cucinati in una grande kermesse quotidiana, che è pure parte della civiltà alimentare di tutta l’Indocina. E se anche l’odiosa tradizione cinese di mangiare i cani provenisse dall’esigenza di ridurre i randagi e contemporaneamente fornire proteine a basso costo alla popolazione? La fame, le carestie… in Cina ne hanno conosciute tante, catastrofiche e cicliche, l’ultima tra il 1959 e il 1962, mentre da noi correvano i gli anni del boom, del miracolo economico italiano. “Mettere un pollo alla tavola domenicale delle famiglie”, era il programma politico di allora, un pollo la domenica. Fame zero, quindi? Sì, eppure, alcuni decenni fa, in una regione ricca come il Trentino chiusero un famoso ristorante, aveva la cella frigo piena di carne di cane, cani rapiti, presi per strada e uccisi per essere cucinati. Un ristorante cinese? Macché, un famoso ristorante di caccia. Italianissimo.

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