52 barrato

Erano ormai le due di notte, il ragazzo era da poco uscito da un locale a piazza di Spagna, dove aveva passato la serata ad ascoltare musica e cazzeggiare. Era inquieto, sarebbe dovuto rientrare prima della mezzanotte, così gli avevano imposto i genitori, ed era pure a piedi, la sua moto, il BSA residuato bellico non ne aveva voluto sapere di partire. Una rabbia sorda stava crescendogli dentro, ma nel suo intimo era sereno, “è tardi? E chissenefrega, che mi possono fare, mi ammazzano? No, e allora…”. Aveva tentato tutto per mettere in moto il vecchio catorcio, l’aveva pure portato su a spinta per la salita di San Sebastianello, per poi tentare di farla partire in discesa all’americana, innestando la seconda. Macchè, nulla, neppure un cenno, uno scoppiettio…Era ormai senza forze, abbandonata la moto in un vicolo, ben accostata al muro, si stava incamminando verso piazza San Silvestro, mentre una fastidiosa pioggerellina cominciava a bagnare le strade. “Ecco, pure la pioggia” disse digrignando i denti. Faceva uno sforzo per stare calmo, non voleva rovinarsi il karma facendosi dominare dalla rabbia, aveva sposato la “non violenza”, si depurava da parecchi mesi con strani decotti a base di erbe disintossicanti, una pozione amara e puzzolente, che avrebbe dovuto liberarlo da tutte le tossine accumulate nei suoi quasi diciott’anni di vita. Il suo aspetto, lui che s’immaginava ascetico, era invece assai inquietante, aveva lo sguardo fisso e allucinato, gli zigomi pronunciati, le guance magrissime e di un bianco verdiccio, unite alla sua altezza e le spalle larghe e ossute apparivano come un segnale, una manifestazione palese di chissà quali vizi. E invece, pensa un po’, neppure beveva un alcolico, un caffè e neppure una Coca Cola, che tra l’altro ha più caffeina di quattro caffè. Canne? Droghe? Macché, si stava depurando dalle tossine, da tutte le tossine autoprodotte, figuriamoci, non ne avrebbe mai ingurgitate di esterne. Pulito, voleva essere pulito, e lo era davvero. Mangiava quasi solo riso integrale con poche verdurine, condito con il solo Tamari, una salsa di soia leggera e poco salata, alcuni fagioli sempre di soia e poco altro. “Perché questa rabbia..?”, si stava chiedendo mentre camminava, “mangio come un sadu, beh, magari…insomma quasi… perché non riesco a tenere a freno questa bestia che mi sta crescendo dentro…perché?” Nel frattempo era arrivato in Piazza San Silvestro, al centro della piazza il 52 fermo, il motore spento, nessun autista in vista. Davanti al Reminders, seduto in terra, un senzatetto ubriaco da far schifo discuteva con una bottiglia ormai vuota. Nessun altro in giro. “E adesso? Chissà quando partirà quest’autobus… che poi mi dovrò fare una camminata tremenda, tutto il viadotto di Corso Francia, sotto questa schifo di pioggia…”. Salì sull’autobus, l’autista non c’era, e tutti i sedili erano liberi, tranne uno dove sedeva una ragazza, pallida, capelli neri legati in una lunga coda a mettere in evidenza il suo lungo, diafano collo. Era vestita con una gonna beigiolina plissettata, una giacchetta in tono stretta stretta, sembrava uscita direttamente dagli anni ‘40. Lo sguardo del ragazzo rimase fisso sul lungo collo, un’attrazione diabolica  stava prendendo il controllo dei suoi pensieri, lei se ne accorse, distolse lo sguardo, abbassò gli occhi. Quel ragazzo, quella situazione. Aveva paura, e non c’era nessuno che potesse difenderla. Rimase immobile, impietrita, le gambe affiancate, le ginocchia strette una contro l’altra, le mani aggrappate alle cosce, le dita aperte, divaricate. Il respiro si fece via via più corto. Lui, come un animale feroce, avvertì la paura di lei, era troppo evidente, palese, si poteva annusare, l’autobus ne era saturo. La respirò a pieni polmoni, e si avvicinò silenzioso, come un felino sulla preda ignara. E lei vide le Clarks color sabbia di lui avvicinarsi ai suoi piedi. Le si mozzò il respiro, era ormai completamente terrorizzata quando lui le mise le mani sul collo e cominciò a stringere, a stringere sempre più forte. Era paralizzata dal terrore, non riusciva neppure a chiedere aiuto, ad urlare, a divincolarsi mentre lui stava uccidendola, così, senza alcun motivo, per pura e semplice reazione animale alla sua paura. E improvvisamente lui, senza alcun motivo, riprese possesso delle sue facoltà mentali, si rese conto di cosa stesse accadendo e delicatamente lasciò la presa. Lei tossì flebilmente, si piegò, appoggiò la fronte sulle ginocchia e prese fiato, un lungo respiro. “Scusami”, sussurrò lui, “non so cosa mi è preso, lo giuro, non vado mai in giro a strangolare ragazze sconosciute, è che…” Si girò, e con flemma scese dall’autobus. Nello stesso momento in cui appoggiò il piede sul selciato bagnato mi svegliai, di colpo, tutto sudato, le mani strette e doloranti. Mai più un’impepata di cozze dopo le nove di sera.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...