
Ero giovane, correva l’anno 1971, pieno di energie, i tempi morti, le attese erano per me esiziali, così, quando Gito Battistrada, zio di mia moglie Cristina, mi propose di lavorare sul nuovo film dei Fratelli Taviani, San Michele aveva un gallo, ne fui entusiasta. Non tanto per l’aspetto politico del film, si sa i Taviani erano della sinistra istituzionale, paludata, seria. Mentre io idealmente mi sentivo tra i “compagni che sbagliano” e il film in questione, ricalcando la vicenda di Meženetskij, poneva proprio l’accento su queste “differenze”. Ma certo non era un film di puro intrattenimento, e quindi mi ci catapultai dentro. Presi l’incarico di Ispettore di produzione, ma di fatto non erano previsti né il runner e neppure il segretario, non c’erano i soldi, il budget, quindi, aldilà dell’incarico “prestigioso” in realtà volontariamente mi attrezzai io a coprire tutti questi ruoli, in fondo necessari. Anche i soldi erano pochi, serviva avere una colonna sonora guida e soprattutto sarebbero servite le foto di scena, per promuovere il film. Così pensai che avrei potuto fare il fonico durante ogni ripresa e poi le foto di scena, una volta dato lo stop. Per i ruoli di produzione sarebbe bastato organizzare bene tutto prima. Pochi giorni dopo l’inizio della preparazione, proprio davanti all’Ager Film e con me seduto sul cofano della macchina, mi fregarono le due fotocamere 35 mm Nikon e l’Hasselblad 500 c con tutto il corredo ottiche che avevo lasciato sul sedile dell’auto in due borse, ed erano ancora da finire di pagare..Senza soldi, mi dovetti accontentare di ricomprare una Zenza Bronica, per il colore, e due Zenith 35 mm della Foto Ottica Sovietica per il b/n. Ridendo, nonostante tutto, tra me e me del fatto che avrei lavorato per un film filo PCI con fotocamere sovietiche, ottiche a preselezione, insomma roba davvero basic. Tecnologia autartica. Molto autartica. L’inizio fu quasi comico, caricammo tutto, costumi, attrezzature tecniche, gruppo elettrogeno, etc su un pulmino wolkswagen rimediato in prestito e io e Roberto Aristarco, si, proprio il figlio del critico marxista, ci mettemmo al volante, destinazione Venezia. Compagni di viaggio uno stereo, una cassetta dei Led Zeppelin e una bottiglia di vodka zubrowka, quella aromatizzata con il filo d’erba. Ma il pulmino era troppo carico, troppo. Arrivati al casello autostradale di Fiano scoppiò la prima ruota, subito sostituita, eravamo al distributore, pochi chilometri dopo, all’altezza di Chiusi, esplose la seconda, poi la terza e la quarta. Ogni 100 o più km una gomma e una sorsata di vodka. Fu un viaggio lunghissimo e costoso, arrivammo 48 ore dopo, con a memoria tutti i pezzi dei Led Zeppelin II. Tonino Paoletti, il direttore di produzione, temendo il peggio aveva chiamato tutti gli ospedali, la polizia, i carabinieri, etc. L’arrivo fu una festa. Neanche fossimo sopravvissuti a chissà cosa. E ovviamente la vodka era finita…
San Michele aveva un gallo, un pezzo di vita. Zio Gito ( Battistrada) direttore di produzione, Vittoria (Garlanda), mia cugina, recitava nella parte della bambina perfida, mio padre, Marco Valerio (Ambrosini) il generico. Non riusciva a dire le battute, quindi, alla fine, decisero di farlo contare. 1 2 3 4, 5678. 1 2 3 4, 5 6 7 8. Che risate. Mio cognato, Enrico (Blasi) andava e veniva tutto il giorno come una trottola. I fratelli Taviani erano un mito e Lina (Nerli Taviani), costumista del film e moglie di Paolo (Taviani) era bella e di una gentilezza estrema. Tonino Paoletti, ispettore di produzione, era come un cugino per noi e faceva parte della nostra magnifica famiglia. Insomma era una gran bella truppa ma forse sarebbe meglio dire troupe. Non posso non citare Giulio Brogi, eravamo tutte innamorate di questo attore della vecchia scuola. Rigore e sciabordamento. Sempre nel mio cuore ❤
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Io il film lo vidi in un’aula del Dams a Bologna assieme a Lucio Dalla che aveva fatto coi Taviani qualche anno prima “I Sovversivi”. Ricordo che mi piacque tantissimo. Ho conosciuto Lucio che lui aveva 24 anni e uno o due anni dopo divenni non solo suo amico ma collaboratore. Anni mitici, in giro per circoli Arci, fabbriche occupate, teatrini ma anche discoteche (a fare delle “rapine”, come diceva Lucio)… Mi fece conoscere lui Pupi Avati, col quale aveva suonato il jazz. C’è un video musicale di Lucio che girai e illuminai io (un lavoro bruttino per la verità, girato con una telecamera giapponese e un videoregistratore da un pollice che sembrava una vasca da bagno, visto oggi pare un vhs..). La canzone era “Caruso” e girammo nella stanza d’albergo di Sorrento dove l’aveva scritta poco tempo prima essendosi dovuto fermare da quelle parti per via di un guasto della sua barca che si chiamava “Catarro”. Oggi su Youtube quel video ha 37 milioni di visualizzazioni. In crescita. E’ incredibile. Lucio è una persona che mi manca molto e tu hai lavorato in un film molto importante…
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